Non ho mai preteso di comprendere cosa fosse la shoah, l’ho sempre considerata qualcosa di più grande di me dove la ragione non potesse arrivare; un po’ quando ti dicono che l’universo si è formato circa 14 miliardi di anni fa o che il centro della Terra si trova a 6370 km dalla superficie: lo dai per appurato, verificato, stabilito da dati e prove, ma i numeri, le dimensioni e il fenomeno stesso sono troppo grandi per essere alla portata dell’essere umano.
Questo è quello che pensavo fino a ieri pomeriggio, quando sono andata a vedere la mostra ‘Testimoni dei Testimoni’ ideata da studenti dei viaggi della memoria a Palazzo delle Esposizioni.
Di fronte a numeri così grandi ( ‘6 milioni’ e ‘migliaia di migliaia’) e sostantivi così violente ( ‘sterminio’, ‘camere a gas’, ‘deportazione’) che implicano un dolore così pesante e una crudeltà inaudita, è difficile capirci qualcosa: ci si limita a leggere i libri di storia cercando rifugio nei dati e nella scienza, ma non lo si trova; a vedere film e documentari cercando di ricostruire quel che è stato e dare un volto a questa sofferenza abnorme, ma lo schermo della televisione o del cinema rimangono pur sempre troppo distanti dai nostri cuori; pretendi risposte da Dio, ma ancora una volta non riesci a trovarle.
Eppure, ieri pomeriggio ho avuto la possibilità di immedesimarmi per qualche ora in tutto quel mare di sofferenza e atrocità , finalmente l’ho ‘sentita’, ‘toccata’, anzi, credo sia stata lei a toccare me; ma non è solo la sofferenza e la tristezza che sono riuscite a coinvolgermi pienamente: sono state le vittime stesse, i ‘sommersi’, ‘i salvati’, i testimoni e i testimoni dei testimoni, coloro che sono qui per raccontarci il loro viaggio, un viaggio di dolore, violenza ma anche e soprattutto di memoria, il viaggio di coloro che, anche quelli che non sono tornati, hanno bisogno di raccontare e ricordare al mondo.
Quando abbiamo mostrato il biglietto d’ingresso e siamo entrate nella grande sala espositiva, io e la mia amica pensavamo che fosse ‘Il viaggio della memoria’ ad esserci svelato e raccontato, non che saremmo state noi stesso a riviverlo grazie alle voci e i volti di coloro che vi hanno preso parte.
Ci ha accolto una ragazza carinissima, una nostra coetanea (18 anni), che con la sua dolcezza e delicatezza ci ha raccontato di quando lei aveva partecipato al viaggio nel 2015 e di come lei ed altri ragazzi che avevano preso parte a questa esperienza avessero trovato la necessità di raccontarla a tutti, di non tenerla per sé ma di donare agli altri ciò che era stato donato a loro, attraverso un percorso sensoriale ed esperienziale che commuovesse l’osservatore e il visitatore, e direi che ci sono riusciti alla grande.
Attraverso questa mostra, si crea un legame indissolubile tra i testimoni e noi, le generazioni future, che veniamo chiamati a ricordare e raccontare a nostra volta.
Siamo state condotte in uno spazio stretto e buio e attraverso le voci di Hitler e Mussolini, l’esaltazione della folla, l’abbaiare dei cani e il ritmo incalzante del treno è stato rievocato in noi quel sentimento di paura, orrore e incomprensione che dovevano provare coloro che vi erano sopra. Una volta uscite, i volti e le voci dei testimoni con le loro storie e la loro semplicità nel raccontare quello che hanno vissuto, hanno catturato i nostri cuori e il nostro ascolto. L’amore di Sami Modiano per la sorella, quando racconta di quel giorno in cui, dopo che si erano donati a vicenda per giorni le loro razioni di cibo, pur se lui non era sicuro che fosse davvero sua sorella ma al contempo lo era, non la vide più; di tutti coloro che, al momento della separazione dai loro genitori ricordano di come fossero esortati da questi ultimi a sopravvivere e a raccontare; il dolore ancora più profondo e straziante di coloro troppo forti per essere ammazzati subito e costretti a lavorare a servizio dell’orrore e far entrare nei crematori loro amici e compagni, o ripulire il terreno dai loro cadaveri; il paradosso di chi è stato perseguitato per la propria fede per poi perderla definitivamente e la disperazione di chi aveva già capito che il ritorno sarebbe stato più doloro dell’andata.
Voci voci voci. La parola è e rimarrà sempre il migliore strumento di comunicazione. Queste voci hanno riecheggiato in noi i volti, le mani, gli occhi e al contempo il dolore, la sofferenza, la rabbia e l’urgenza di raccontare dalla bocca di coloro che le pronunciavano.
La mostra si snoda successivamente in altre tre sale dedicate a tre approfondimenti originali e diversi da quelli che si è soliti leggere nei libri di scuola: uno è dedicato al recupero delle identità dei prigionieri e deportati, compito che è chiamato a svolgere l’osservatore stesso avvicinandosi ad immagini che, sfocate se viste da lontano, fanno riemergere i volti di coloro che non ci sono più da vicino; un altro, a cura di un ragazzo di un liceo linguistico che prese parte al viaggio, è dedicato alla ‘Lagersprache’, un misto di tedesco, ebraico, polacco, italiano e francese, la lingua della sopravvivenza, perché non capirsi poteva significare morire all’istante; ed infine il terzo ed ultimo approfondimento è dedicato agli esperimenti scientifici e ai medici responsabili condotti sui cadaveri e sui corpi vivi di coloro usati come cavie da laboratorio.
Conservo per l’ultima parte dell’articolo ciò che ho omesso in precedenza e quello che mi ha colpito di più della mostra…
Nella sala iniziale, quella dopo essere uscite dal vagone, non vi erano solo volti e voci dei prigionieri e dei sopravvissuti, ma vi erano anche tre pannelli dove si alternavano volti e parole dei ragazzi che hanno ideato questa mostra e a cui devo dire ‘grazie’: con la loro semplicità e purezza di adolescenti e ragazzi, ma anche con grande senso di responsabilità , dovere e sensibilità , hanno deciso di donare a me e alla mia amica il loro racconto e la loro esperienza e restituire la memoria a coloro che non ci sono più. E’ con le loro frasi semplici e spoglie di qualsiasi adorno, i loro occhi sinceri, la loro voce tremolante e la loro commozione che per la prima volta in vita mia non mi sono sentita distante da questa sofferenza e crudeltà . Loro sono riusciti a rompere il muro di libri, numeri e dati che mi impediva di vedere le cose da vicino, con coscienza e pieno sentimento, mi hanno commosso e mi hanno reso partecipe del loro viaggio, facendomi capire che non è la presenza fisica o la vicinanza del tempo a rendere tutto ciò più reale e quindi terribile, ma la voce e il racconto di chi è resta.
I ragazzi ideatori di questa mostra mi hanno lasciato un bigliettino con scritto ‘Visitando la mostra “Testimoni dei Testimoni” diventi anche tu un Testimone. In quanto tale sei invitato a custodire e tramandare la memoria di ciò che è stato.’
Io ho accettato il loro invito, e sono qui ora a raccontarvi quello che ho provato e quello che ho scoperto di essere ieri pomeriggio: un Testimone dei Testimoni.
La nostra voce, i nostri racconti, i nostri occhi pieni di rabbia e stupore sono ciò che ci rimane di tutta quella sofferenza e di tutte quelle anime che proprio grazie a noi non dovranno mai essere dimenticate. Siamo tutti chiamati a testimoniare e a non dimenticare, ma soprattutto a ricordare che alla fine di tutto ciò che trionfa è sempre l’amore. Se mai riuscirò a trovare un senso a quest’ingiustizia mondiale che ci ha coinvolto tutti 70 anni fa, la cercherò nei volti, nei sorrisi e nelle lacrime di Sami, Tatiana, Piero, Samuele, Liliana e tutti coloro che hanno avuto e continuano ad avere la forza di sostenere questo peso indescrivibile, questo compito di cui si sono resi portatori e attuatori di raccontare e ricordare a noi ciò che è stato e chiamano a nostra volta noi a fare lo stesso con le generazioni che verranno.
Il viaggio della memoria con la mia amica ieri pomeriggio si è concluso, commosse e senza riuscire a trovare le parole, con un caloroso abbraccio con la ragazza che ci aveva accolto all’inizio, ma è stato solo un congedo: il nostro viaggio continuerà ogni giorno della nostra vita con la consapevolezza del nostro ruolo di Testimoni e attraverso le voci e le parole ora trovate che continueremo a trasmettere alla storia e ai nostri figli.
La mostra sarà in esposizione fino al 31 marzo 2019 al Palazzo delle Esposizioni e vi invito calorosamente ad andarci. Per maggiori informazioni, vi lascio il link –> https://www.palazzoesposizioni.it/mostra/testimoni-dei-testimoni-ricordare-e-raccontare-auschwitz