Eccomi qui, sono tornata! Tra esami e impegni vari ultimamente non mi sono fermata un attimo ma ora sono qui, seduta di fronte alla mia scrivania e pronta a lasciar fluire i miei pensieri tra queste righe.
Quando ho deciso di aprire questo blog, mi ero promesso due cose: la prima era di scrivere solo quando ne avessi avuto piacere e non far sì che diventasse l’ennesimo impegno o preoccupazione; la seconda era di scrivere solo cose belle, niente critiche o monologhi, ma pensieri e riflessioni che potessero regalare sorrisi, emozioni o far nascere idee.
Quindi oggi voglio parlarvi di una cosa bella, una statua di Michelangelo che mi ha davvero emozionata.
L’opera si chiama ‘L’adolescenza’ e ordinariamente si trova al Museo Ermitage a San Pietroburgo, dove è stata ribattezzata come ‘Il ragazzo accovacciato’, a mio parere banalizzando un po’ quello che è il vero messaggio che voleva comunicare l’autore.
La statua si trova straordinariamente esposta nel Palazzo della Fondazione Alda Fendi-Esperimenti in via Foro Traiano 1 a Roma fino al 10 marzo e fino al 23 dicembre è possibile vederla solo su prenotazione chiamando il numero 3406430435, successivamente l’accesso sarà gratuito tutti i giorni dalle 10 al 19.
Oggi sono stata fortunata in quanto, nonostante non avessi prenotato, era il primo giorno della mostra e trovandomi nei pressi di Circo Massimo a fare colazione, mi sono messa in fila e sono riuscita ad entrare!
Che dire, senza parole. Michelangelo, si sa, è Michelangelo: colui che riesce a cavare le emozioni fuori da un blocco di marmo e a modellare la materia a suo piacimento e volontà . Di conseguenza potrebbe non destare stupore il fatto che io mi sia emozionata di fronte a una sua opera. E in effetti è vero, non mi sono emozionata ma spaventata. Spaventata perché quel giovane accovacciato sembrava davvero prender vita e parlarmi, sentivo la sua presenza, la sua vicinanza, volevo quasi abbracciarlo.
Questa secondo me è la cosa che fa più onore a Michelangelo: far parlare e dare vita e anima ai corpi che scolpisce. E’ quasi un ossimoro riuscire a rendere un oggetto così freddo e statico come il marmo un corpo caldo e vivo.
Ogni volta che vado a una mostra di un artista che non conosco o, come in questo caso, mi ritrovo di fronte a un’opera nuova e di cui non ho mai sentito parlare, mi diverto a indovinare cosa volesse comunicare l’autore nel momento in cui la realizzò, e solo successivamente leggo la didascalia o digito il numero dell’opera sull’audioguida. Non sempre però, i miei pensieri e idee coincidono con quelle originarie dell’artista: spesso ci sono storie e vicende personali che hanno influenzato l’opera e di cui non sono a conoscenza, oppure mancano dei pezzi al puzzle finale della storia o semplicemente si tratta dell’ennesimo mito ovidiano di cui non ero a conoscenza!
La cosa che mi ha sorpreso di più questa volta è che io e Michelangelo l’abbiamo pensata allo stesso modo! L’universalità del messaggio è quanto di più difficile secondo me si possa raggiungere in un’opera d’arte, ma come sappiamo Michelangelo non sbaglia un colpo!
Cos’è l’adolescente se non fragilità e forza al contempo, paura e audacia, nascondiglio e trampolino di slancio al contempo?
Ad-olescente, che bello addentrarsi nel significato intrinseco delle parole. Grazie ad Alessandro d’Avena e al suo libro ‘L’arte di essere fragili‘, ho scoperto che la parola ad-olescente indica proprio una tensione verso (‘ad‘) una pienezza. La stessa pienezza che Michelangelo ha deciso di non far raggiungere alla sua opera, incompleta e senza levigatura, quasi a lasciare l’oggetto a parlare da sé e per ciò che vuole rappresentare. Il giovane scolpito si trova, come ci ricordano i nostri amici russi, in posizione accovacciata e completamente chiuso in se stesso, tant’è che per riuscire a intravederne il volto è necessario accovacciarsi anche noi come lui.
L’adolescente è colui che desidera, e desiderio sta proprio ad indicare la distanza dalle stelle ( dal latino de-sidera). E la distanza dalle stelle, beh, fa paura. Fa talmente paura e ci fa sentire talmente piccoli e insicuri da farci chiudere in noi stessi e cercare rifugio nella terra. Ma l’adolescente è ossimoro, contraddizione e lotta con se stesso: è per questo che Michelangelo raffigura sì, un giovane in posizione accovacciata e chiusa, ma allo stesso tempo scolpisce un atleta, un giovane dal fisico forte e robusto, una corazza che si è costruito per proteggersi dal mondo esterno e al contempo crearsi le fondamenta per affrontarlo. La tensione dei muscoli e del corpo del ragazzo non sono sintomo del desiderio di perfezione dell’anatomia del corpo che attribuirono a Michelangelo sotto il nome di ‘Manierismo’, ma sono la manifestazione nel marmo della lotta e della battaglia interiore del giovane, il desiderio di uscire da se’ e ritrovarsi dentro se’, di affrontare il mondo e di nascondervisi, di manifestare la sua forza ma al contempo preservarla, e infine del suo processo di crescita. Perché alla fine, cos’è l’adolescenza se non il cammino di crescita e compimento verso la maturità , la presa di coscienza di se’, l’ultimazione dell’opera d’arte e la sua rifinitura?
Grazie Michelangelo, grazie perché ancora una volta mi hai regalato emozioni indescrivibili e ci ricordi chi siamo, da dove veniamo, cosa abbiamo affrontato e cosa ogni giorno viviamo. Nel momento in cui mettevi a nudo il marmo e scavavi nella materia hai messo a nudo i nostri sentimenti e le nostre fragilità , ci hai tolto tutte le maschere e velature possibili e hai scavato nel nostro cuore per poi regalarci, una volta finito, il brivido di essere noi stessi, autentici e nudi come il marmo che solo una personalità forte come la tua sarebbe riuscita ad affrontare con tanta maestria e naturalezza.