Sabato scorso sono stata alla mostra ‘Ovidio – Amori, miti e altre storie‘ alle Scuderie del Quirinale che si terrà fino al 20 gennaio a Roma e, che siate sognatori romantici o sensuali don Giovanni, vi consiglio vivamente di andare a vedere!
Questa mostra, infatti, non vuole solo celebrare questo grande maestro in occasione del bimillenario dalla sua morte, ma è una vera e propria celebrazione dell’amore in tutte le sue forme e senza alcun filtro o freno.
Ovidio è riuscito a entrare nella Storia e a saltare il varco dell’oblio proprio grazie all’opera su cui è incentrata la mostra: ‘Le Metamorfosi’. L’eternità di quest’opera risiede proprio nei valori, nelle immagini e nei sentimenti imperituri e comuni a tutte le epoche che i versi del celebre poeta evocano e suscitano nei suoi lettori e non solo.
‘Le Metamorfosi’ è una raccolta di circa 250 storie incatenate una all’interno dell’altra, le quali nascono l’una dall’altra e si intrecciano tra di loro, metamorfosi esse stesse dell’opera. In Ovidio è tutto un continuo divenire e trasformarsi che consente alla sua opera più celebre di rinnovarsi e riemergere ogni giorno in ogni epoca.
Nonostante nelle storie narrate dal poeta i protagonisti appaiano molte più volte sotto le sembianze di dei che di uomini mortali e che si tratti di miti più che di vicende verosimili, la loro attualità e potenza risiede proprio nel aver dato voce ed espressione a tutte le passioni e l’infelicità che regnano nel mondo.
Ovidio si spinse molto al di là di celebrare e enfatizzare le passioni dell’uomo. Egli scrisse un vero e proprio ‘manuale‘, se così vogliamo chiamarlo, intitolato ‘Ars amatoria‘, dove il poeta veste i panni di un colto maestro d’amore e dona consigli ai suoi lettori sui luoghi più adatti al primo appuntamento, trucchi per sedurre e conquistare la propria amata, e persino come lasciarla senza dover temere ripercussioni o disagi futuri! Altro che la posta del cuore delle nostre riviste moderne.
La mostra è molto suggestiva perché ogni sala è dedicata ad un mito in particolare e si snoda attraverso esposizioni di quadri o reperti archeologici delle più svariate epoche che ne ritraggono l’episodio o ne citano i versi proprio a sottolineare ed enfatizzare quanto l’opera di Ovidio sia rimasta comune e pertinente ad ogni epoca e quanto il grande maestro abbia influenzato più di quanto immaginiamo le nostre vite e la nostra cultura. La cosa più bella però, a mio parere, sono le registrazioni di alcuni frammenti del mito narrato grazie al numero presente in ogni sala da digitare sull’audioguida (gratuita con il biglietto d’ingresso).
La novità di questa mostra, infatti, è che coinvolge tutti sensi: si ascolta affascinati i versi del poeta mentre si guarda la raffigurazione del mito in un quadro di sei secoli successivi e si cammina in una sala dall’esposizione moderna dove si srotolano sui muri citazioni e frasi del vecchio poeta che potrebbero tranquillamente far parte di quelle frasi che oggi pubblicheremo come didascalia di una foto su Instagram o come frase del profilo di Whatsapp per suscitare l’attenzione del nostro/a amato/a!
E’ davvero sorprendente quanto, più di 2000 anni fa, nel I secolo a.C, i dilemmi e le passioni degli uomini fossero vive e accese e attuali come lo sono oggi.
Basta pensare a Dafne, che pur di conservar la sua verginità supplica il padre di ‘trasformare e smarrire questa bellezza che ha acceso un amore eccesivo’, accettando così di essere trasformata in alloro. ‘Non resta che di lei il fulgore’: queste sono le parole che userà Ovidio per descrivere la velocità e la fugacità dell’inseguimento tra Apollo e Dafne che si conclude con la perenne immobilità di pianta di lei, la quale conserva tuttavia lo splendore del corpo che era nella ninfa. Un gioco di passione, erotismo e fame d’amore. E sempre la solita Diana, per questo suo smisurato attaccamento al pudore e alla verginità farà sbranare il povero cacciatore Atteone che l’aveva vista nuda per sbaglio mentre si stava facendo un bagno in una grotta!
O ancora il rinomato mito di Arianna, che, ci tengo a sottolinearlo, non fu solo una povera sfigata abbandonata dal ragazzo su un’isola dopo che quest’ultimo l’aveva sfruttata per scappare da Creta; anzi, il dio Bacco verrà in suo soccorso sull’isola ed ella non solo riceverà da lui tutto l’amore che Teseo non aveva saputo dargli, ma la sua corona sarà lanciata dal dio nel cielo per divenire l’eterna costellazione della Corona Boreale! Ah e poi altra curiosità : lo sapevate che il detto ‘piantare in asso’ viene proprio dal mito di Ovidio e dal fatto che la bella Arianna fu abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso?
‘Le Metamorfosi’, tuttavia, non celebrano solo l’amore appassionato degli uomini ma anche i loro vizi e la loro smisurata ricerca della bellezza che a volte finisce per divenir difetto ed errore. Pensiamo alla caparbietà e alla testardaggine con cui Fetonte dissobedisce al padre Apollo bramoso di raggiungere troppo in fretta il cielo e all’insipienza con cui Icaro usa la scienza e la tecnica che lui stesso ha inventato, a dimostrare proprio come l’uomo possa farsi male con le sue stesse mani se non fa un uso accurato della scienza, come ci ricorda anche Italo Svevo nel finale de ‘La coscienza di Zeno’: ‘Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.’
Ma vogliamo parlare della concupiscenza di Giove, che pur di possedere la ninfa Io la fa trasformare in giovenca e pur di posseder Ganimede lo fa rapire da un uccelllo? Che poi la moglie Giunione mica era scema: almeno nel primo caso, infatti, se ne accorgerà per tempo e il nostro caro dio dovrà inventarsi qualcosa all’ultimo se non vuole che la moglie si vendichi ( e sappiamo bene di cosa è capace una donna quando vuole la vendetta, figuriamoci una dea!).
Affascinante anche la storia dell’amore nascosto e sofferto di Priamo e Tisbe, i Romeo e Giulietta del passato, i quali riusciranno ad unirsi solo attraverso la morte, e che la loro passione e dolore ci ricorda l’albero di gelso dai suoi frutti scuri e rossi, emblema di lutto e passione, in origine bianchi ma mutati di colore proprio dopo la tragica fine dei due amanti…
‘Le Metamorfosi’ si concludono con Pitagora che canta il continuo mutare e divenire delle cose, il ‘tutto muta, nulla muore, tutto scorre’, la sostanza insomma di tutta la poesia delle Metamorfosi e del divenire che le domina e ne trama il filo del racconto. E la stessa opera di Ovidio, assieme al suo autore, ha saputo trasformarsi con il passare del tempo ed adattarsi ad ogni epoca, seguendo quel processo di lenta metamorfosi e continuo divenire che è la vita stessa.
Ovidio ha saputo descrivere il divenire della vita, il suo ciclo inarrestabile fatto di forze potenti e contrapposte, amore e odio, gioia e vendetta, piacere e dolore, mostrandoci che non solo i vizi e gli errori accomunano tanto dèi immortali quanto fallibili essere umani, ma che c’è sempre un modo per ‘trasformare‘ il dolore in qualcosa di bello e utile per l’umanità , che sia un fiore, una poesia o, per riprendere il mito di Arianna, una costellazione.
Gli dei di Ovidio sono uomini con un ego ed un eros fortissimo ma esprimono passioni e sentimenti terreni e umani.
Certo, Ovidio stesso aveva un ego un po’ più che modesto diciamo, guardate cosa scrisse alla fine della composizione de’ ‘Le Metamorfosi’:
“Ho ormai compiuto un’opera, che non potranno cancellare né l’ira di Giove, né il fuoco, né il ferro, né il tempo divoratore… e il mio nome resterà : indelebile. E dovunque si estende la potenza romana sulle terre domate, sarò letto dalla gente, e per tutti i secoli, grazie alla fama, se c’è qualcosa di vero nelle profezie dei poeti, vivrò.”
Insomma, sicuramente un uomo ambizioso e dalle alte pretese, ma stando alla quantità di incisori, scultori, pittori, poeti e scrittori che hanno tratto ispirazione dai suoi versi e dalle sue storie e a quanto oggi, a ben duemila anni di distanza, continuiamo a parlare di lui e a vivere ogni giorno quegli stessi sentimenti e quelle stesse passioni che seppe rendere così reali e umane grazie alla potenza degli dei, beh, forse ci aveva visto bene!
Vi consiglio davvero di andare a vedere questa mostra, è qualcosa di nuovo nel panorama artistico italiano, quest’idea di una visita interattiva che coinvolge più sensi allo stesso tempo, e la voce di Sebastiano Lo Monaco che recita e interpreta i versi di Ovidio è qualcosa di unico e impagabile, e vi sorprenderete per quanto vi sentirete vicini alle parole del poeta e alla storie che ci narra!
Vi lascio il link dove potete avere maggiori informazioni e dettagli sulla mostra e sulle modalità di visita. Inoltre volevo dire ai giovani universitari come me che il venerdì e il sabato le Scuderie sono aperte fino alle 22 e dalle 19 in poi, mostrando alla cassa il vostro tesserino universitario, potrete accedere alla visita alla modica cifra di 5€!
L’audio guida è in omaggio con il prezzo del biglietto!
Fatemi sapere se vi è piaciuta!