Viaggio alla scoperta delle lingue
Molti di voi sapranno quanto io sia affascinata dalle lingue: credo che la grammatica e le strutture lessicali di un idioma permettano di conoscere a fondo un popolo e la sua cultura, di entrarvi dentro, esserne parte e capirne la logica e il modo di pensare.
Basti pensare per esempio al fatto che nella lingua inglese non via sia distinzione tra maschile e femminile, avendo a disposizione un solo articolo determinativo ‘the’ e un solo articolo indeterminativo ‘a’, cosa inconcepibile per noi ‘latini’ ma che rappresenta una concezione del mondo diversa dal nostro, più fluida e omogenea, senza barriere né etichette.
In tedesco, invece, quasi tutti i sostantivi maschili hanno la loro counterpart femminile, soprattutto per quanto riguarda le professioni: così esiste ‘der Ingenieur’ (l’ingegniere) e ‘die Ingeneurin’ (l’ingegniere donna), ‘der Arzt’ (il medico) e ‘die Ärztin’ (il medico donna) o ancora ‘der Jurist’ (l’avvocato) e ‘die Juristin’ (l’avvocato donna). Questa forma grammaticale è sintomo di una cultura che promuove la parità di genere e le pari opportunità per uomini e donne in settori professionali e istituzionali di prestigio. Per noi italiani è molto strano sentire questi mestieri declinati al femminile, in una società dove solo negli ultimi decenni e in seguito al crescente ingresso delle donne in settori del mondo del lavoro, delle professioni e delle istituzioni tradizionalmente riservati agli uomini, sono entrate nell’uso molte forme femminili che in precedenza erano usate solo al maschile come ministra, sindaca, chirurga, architetta, ingegnera o avvocata.
Ma ora passiamo a cose meno noiose, perché nell’articolo di oggi volevo condividere con voi le mie parole straniere preferite e il motivo per cui mi hanno affascinato così tanto da crearne un elenco sulle mie note del telefono!
Partiamo dal francese, la mia lingua preferita in assoluto, almeno per ora.
‘Dare la mancia’ si dice ‘donner un pourboire’: pourboire è un sostantivo formato dalla preposizione ‘pour’ (per) e il verbo ‘boire’ (bere), quindi ‘per bere’. Alla fine che cos’è la mancia, se non un modo per ringraziare ulteriormente il cameriere del suo servizio e permettergli di andarsi a comprare qualcosa di semplice, magari una birra con i colleghi, dopo il suo turno di lavoro?
Un’altra parola che adoro, anche se ammetto poco usata nel francese corrente, è ‘causese’. La causese alla fine non è nient’altro che un divano (che nel francese corrente si chiama ‘canapé’), solo che è derivato dal verbo ‘causer’ che significa proprio ‘chiacchierare del più e del meno’, e ogni volta che la leggo immagino proprio due amiche sedute a sparlare o ‘gossippare’ di qualcuno durante una cena tra amici.
Infine, un’espressione che mi fa sempre sorridere è ‘avoir le cafard’ che significa letteralmente ‘avere lo scarafaggio’, ma che in senso figurato indica l’essere triste e giù di morale: in effetti, chi è che sarebbe felice di avere uno di quegli insetti orribili addosso?
A proposito di animali, vorrei introdurvi un’espressione tedesca buffa e apparentemente senza senso: ‘Ich habe einen Kater’. Tradotto letteralmente ‘Io ho un gatto’, è in realtà un’espressione che i tedeschi utilizzano per dire che hanno i postumi della sbornia. Che centrano i gatti? Quei furbi ma adorevoli animali da compagnia non hanno nulla a che fare con la sbornia post-serata, e probabilmente l’origine dell’espressione deriva dall’assonanza con la parola ‘Katarrh’ (catarro), uno dei sintomi più comuni dopo una serata all’insegna dell’alcol. Volete sapere quali sono i rimedi post-sbornia in Germania? Un bel ‘Katerfrühstück’ da ‘kater’ (gatto) + ‘frühstück’ (colazione), che indica la colazione post-sbornia (che, attenzione, non implica debba consistere in un gatto al forno!), oppure, bersi una fresca ‘Konterbier’, che è letteralmente una contro (kounter) birra (bier), la birra del giorno dopo in grado di rimettere in sesto chiunque riesca a mandarla giù.
Infine, per concludere la categoria animali, volevo farvi notare questo piccolo aneddoto che ho notato nella lingua spagnola. Ci avete fatto caso che tutti i balli di gruppo portano nomi di animali? El flamenco (fenicottero), la cucaracha (lo scarafaggio), el tiburón (lo squalo) … Buffo, no?
Potrei continuare quest’articolo all’infinito, ma non voglio ammorbarvi, quindi mi limiterò ad un’espressione inglese tra le mie preferite nelle note del mio telefono e una parola che ho scoperto recentemente.
Vedendo una serie tv americana, in una scena ci sono due fratelli, ed uno avvisa l’altro che sta venendo anche la sua nuova compagna alla cena di Natale, ma, non trattandosi di nulla di serio o ufficiale raccomanda al fratello ‘to act cool’, che significa ‘comportarsi in maniera fresca’ nel senso di ‘comportarsi normalmente, senza fare battute né mettere in imbarazzo nessuno’, ‘sciallo’ come diciamo noi oggi. Cosa gli risponde l’altro fratello? “Don’t worry bro, I’ll be cool as the other side of the pillow”. Quest’espressione è stata per me ‘mind-blowing’: cosa c’è di più cool, ‘fresco’, che l’altro lato del cuscino quando lo rigiriamo nelle notti insonni d’estate, nella speranza di un po’ di freschezza in tutto quel caldo afoso?
Un’altra rivelazione di queste serie tv è stata la parola ‘pacifier’, il ‘ciuccio’ dei bambini, che io ero sempre stata abituata a sentire nella sua versione British, ‘dummy’. Pacifier è invece l’American version del sostantivo, e rende molto di più l’idea dell’uso del ciuccio. Come riporta The Cambridge Dictionary, il pacifier è ‘something that makes people calm when they are angry or upset’; perchè alla fine cos’è un ciuccio, se non un ‘pacificatore’, qualcosa che riporta la calma e la quiete in una famiglia alle prese con un neonato in fasce?
Spero di avervi fatto sorridere con quest’articolo ed aver innescato la vostra curiosità per quel mondo magico e misterioso che è quello delle lingue.
E voi? Avete delle parole preferite in altre lingue straniere? Qualcosa che vi ha colpito e che vorreste condividere? Fatemi sapere commentando a questo post, sono curiosa!