Mai come in questi ultimi tempi mi sto accorgendo della velocità alla quale viaggiano le nostre vite e di come passi in fretta il tempo. Non mi riferisco solo al tempo fisico, quello materiale, determinato dalle lancette di un’orologio o dalle candeline che spegniamo ogni anno man mano che invecchiamo, ma della concezione che ognuno di noi ha del tempo e dei ritmi accelerati di questa era tecnologica in cui le nostre scelte sono sempre più determinate da un semplice click che richiede, tuttavia, una notevole capacità di elaborazione critica e decisionale.
Con molto piacere ho avuto l’opportunità di incontrare recentemente persone e amici che hanno fatto parte della mia vita e che continuano inevitabilmente a farne. Mi sono resa conto di quanto la nostra concezione del tempo sia influenzata dal modo in cui noi stessi decidiamo di viverlo e dai momenti e i ricordi a cui decidiamo di attribuire importanza e valore, come disse lo psicologo più rivoluzionario del XX secolo.
Oggi ho deciso di riservare una scatola del mio tempo alla custodia e alla protezione dei miei ricordi d’infanzia e d’adolescenza, per non dimenticare mai il percorso e le vicende che hanno caratterizzato la mia vita e la persona che sono, e per ricordarmi di gioire per le cose più piccole che sono sempre le più importanti.
Un ritorno al passato, ecco.
Lo scorso venerdì sono andata a cena con una mia grande amica d’infanzia e ci siamo sorprese e abbiamo riso delle piccole conquiste di bambine di appena 9 anni.
Per noi la prima era stata andare al cinema da sole, o meglio, entrare nella sala da cinema da sole! Oggi potrà sembrare banale, una conquista di cui un valoroso ed esigente generale non andrebbe affatto fiero, e invece per noi bambine fu il massimo grado di autonomia che potessimo raggiungere a quell’età . Che poi a ripensarci, che ci sarà stato di tanto pericoloso dentro una sala da cinema da non consentirci di affrontarlo da solo prima della tanto agognata ‘età per entrare al cinema’?Ancora oggi, all’età di 18 anni, ce lo chiediamo, eppure tutto ciò non può che destare in noi un sorriso.
Ma fu solo l’inizio perché gli ultimi anni delle elementari sono un tripudio di avventure altrettanto esileranti che vanno ben oltre quella del cinema. Per esempio, RIMANERE A CASA DA SOLI: una frase che rappresenta quasi un taboo per gli under 9-10 anni, e una vera sfida per coloro che raggiungo l’età richiesta alla missione.
Ma quanto sono brutte le prime ore, se non addirittura i minuti, delle prime volte che si rimane a casa da soli? Direi un lasso di tempo infinito e crudele, sensazione che se dovessi vivere due volte non vorrei si ripetesse mai più. Ma i bambini di 10 anni sono svegli e furbi e pieni di inventiva e immaginazione: c’è così chi mette sedie davanti le porte, chi si nasconde sotto le sedie e chi dietro le porte; o ancora chi si mette sotto le coperte da letto o chi si tappa le orecchie e comincia a parlare ad alta voce per non sentire i rumori sospetti che avvolgono la casa quando non c’è nessuno; insomma, ognuno ha la sua strategia di guerra. La mia consisteva nell’avvolgermi sotto le coperte e tirare su il lenzuolo fino a che non mi coprisse la testa anche con 42 gradi d’estate, rischiando una morte per asfissia o disidratazione ma conqustando il premio di dire a mia madre quando tornava e mi chiedeva se avessi avuto paura da sola di risponderle che ‘Pff, avere paura di stare a casa da sola era per i ‘piccoli”.
Quando poi diventai più grande e la tanto anelata battaglia toccò questa volta a mio fratello, mi toccò stringergli la mano per la più geniale e infallibile strategia di difesa mai adottata: il mio piccolo fratellino combinò tutte le tecniche fino ad allora conosciute in un’unica, grande strategia che usava mezzi e competenze trasversali: per prima cosa, scelse un riparo più completo e ampio che una misera sedia, un vero e proprio tavolo di legno; in più, non si limitò a tapparsi le orecchie e usare la sua voce come diversivo dai rumori, ma integrò le nuove tecnologie dell’era digitale accendendo la TV e mettendo MTV a 3000. Risultato: quando io e mia madre tornammo a casa, mio fratello non se ne era nemmeno accorto e la scena che si presentò ai nostri occhi aprendo la porta della cucina era un ranocchio sotto il tavolo e Beyoncé che cantava ‘I’m a single lady‘ ad un pubblico alquanto esiguo e per così dire ‘presente’.
Per non parlare di quando mi hanno insegnato ad accendere i fornelli da sola: la mitica regola dei 7 secondi, non uno di più ne’ uno di meno, proprio quelli necessari a far sì che si accendesse il fuoco! In quel momento mi sentivo un ibrido tra Carlo Cracco e Albert Einstein! Che poi ancora una volta, continuo a chiedermi perché dovevo contare fino a 7 non 6 o 8.
Non vi sentite un po’ vecchi, invece, se vi nomino il porta dischi o i trilli su MSN? Ammettetelo dai, quante volte vi siete scordati del dispositivo che avevate in grembo mentre ascoltavate la vostra musica sul letto e vi siete alzati di botto trascinandovi tutto appresso e rischiando di morire decapitati per mano di voi stessi?
Quanto, invece, vi emozionavate o innervosivate ( a seconda del mittente) ogni qual volta ricevavate un trillo sul social network più in voga dell’epoca, il mitico MSN? Quel trillo tanto fastidioso quanto intrigante poteva far tremare tutto lo schermo di un computer e rendeva il vostro compagno di chat quasi reale!
E infine, la grande perla della mia cena con questa compagna di vita è arrivata con sorpresa come la notizia che la cena ci veniva offerta dal proprietario del ristorante: PRENDERE L’ASCENSORE DA SOLI A 14 ANNI! Ebbene sì, sarà che io questa cosa l’ho sentita molto abitando al settimo piano, ma mi ricordo con una precisione meticolosa e dettagliata il cartello affisso dentro l’ascensore che citava: ‘L’utilizzo dell’ascensore è vietato ai minori di 14 anni’. Così il 26 febbraio del 2014, il giorno del mio quattordicesimo compleanno, quando tornai a casa dopo scuola chiamai l’ascensore e vi salii da sola senza dover più temere di venire arrestata o quantomeno multata per questa piccola infrazione della legge che, per motivi ovvi e cause di forza maggiore, mi trovai a commettere prima dell’età prestabilita. Insomma, ora finalmente avevo la coscienza a posto e potevo fare su e giù dal settimo piano ( non che ne morissi dalla voglia) senza dover temere gli sguardi sospetti e complici dei vicini di casa.
Ah, che bei tempi…
Era bello sorprendersi delle cose più semplici, gioire di umili successi ed essere fieri dei più piccoli risultati. Quando siamo piccoli, non ci lasciamo governare dal tempo ma siamo noi stessi a trainarne le redini; certo, gli impegni sono minori così come i pensieri, ma la differenza sta nel saper aspettare e nell’avere pazienza, di non esigere tutto e subito ma di coltivare passo dopo passo il seme della maturità e della conoscenza. Ogni tanto è bene ricordare il nostro passato e la nostra infanzia, percorrere sequenza dopo sequenza quell’indelebile registrazione mnemonica che ci lega al nostro io bambino, a quel famoso ‘fanciullino’ tanto denigrato e guardato con altezzosità ma che invece ognuno di noi porta dentro e dovrebbe custodirne e ascoltarne attentamente i messaggi e gli insegnamenti.
Una volta lessi una frase su Internet che mi fece sorridere molto: ‘Gli ubriachi, i bambini e i leggins dicono sempre la verità ’; al di là dell’ironia di questa citazione che mi fece ridere, essa nascondeva invece una grande realtà : i bambini, a volte, sanno essere più saggi di un adulto.